lunedì 21 settembre 2015

Chiara

Sono stata in ospedale.
Un' amica è diventata mamma ed è una di quelle volte che entri in ospedale come se non fosse affatto un ospedale. Il tuo bel sacchettino con il regalino di occasione, tutto infiocchettato e felice. Varchi la porta scorrevole, attraversi due o tre corridoi, incrociando lo sguardo di tutta la gente in attesa al pronto soccorso o dietro una porta. Aspettando un responso. E quasi ti senti in colpa. Oggi non c'entrano proprio nulla con te.
Sali le scale. E ti ritrovi una masnada di gente vociante, tutta con il tuo stesso sguardo, il tuo stesso pacchetto, la tua stessa felicità. In attesa di faccini nuovi, di primo sole. Poi le porte si aprono e la rumorosa carovana si disperde, ognuno verso la sua porticina della felicità. E tu imbocchi la tua. Entri e in lontananza vedi una ragazza che conosci bene, stremata ma felice, triste perché la vita è troppo strana...ma felice perché si culla tra le braccia quel fagottino rosa che tu non sapresti nemmeno come stringere a te. Ché è troppo piccola. Tentenni. Sorridi imbarazzata. Ti avvicini. Le sfiori la fronte e basta, ché di più sarebbe eresia. Metti il tuo pacchettino in fila con gli altri pacchettini e dai un bacio alla mamma..pensando che c' è troppa gente in fila per lo stesso bacio e che devi fare spazio.

E così ti ritrovi in corridoio..a parlare con un nonno innamorato e incredulo, un papà ancora tremante ed il ricordo di chi purtroppo non può esserci. E mentre partecipi con grande e sottile attenzione alle dolcezze del nonno, che proferisce gentilmente assiomi anche per te, la mente va altrove. Va a quello che vorresti. A quello che non sei. A quello che sei già. A quello che probabilmente non sarai mai. Ti guardi intorno e pensi che è tutto dannatamente bello e tutto dannatamente estraneo.
Non ti sei mai sentita a casa in nessun posto. Con nessuno. In nessuna situazione.

Parli ancora.
Consideri.
Soppesi.
Sorridi.
E tutta quella dolcezza mista a mestizia ti scava...ma la lasci fare. Fa parte di te.

Poi si fa tardi.
Un bacio ancora agli occhi stanchi della mamma. Un abbraccio al papà. Una carezza a Chiara ..ed ai suoi due giorni di vita.

Imbocchi le stesse porte. Gli stessi corridoi. E sei fuori.

E respiri con l'affanno. Come se tanta gioia e bellezza ti impedissero di respirare. Ma solo perché non ci sei abituata. E guardandoti un attimo alle spalle..senti... le urla di tua madre in travaglio, annusi l'odore delle cento sigarette di tuo padre in sala d'attesa , ascolti le risate della tua famiglia al tuo primo vagìto e ti perdi.

Perché è un attimo.
Solo un attimo.
E ti ritrovi lì a pensare che ti piacerebbe capire se ti toccherà mai ..urlare allo stesso modo.

Sali in macchina.
Buio.
Fari.

Ah si.
Devo fare benzina.
Domani sveglia alle sette.
Telefonate. Raccomandata 1. Banca.
Solita.




Non pensare.
Non pensare.


Benvenuta, gioia mia.*

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